«E chi è il mio prossimo?».
(Lc 10,29)
Il famoso racconto del “Buon Samaritano” è stranoto, sentito e risentito tante di quelle volte che quasi quasi lo imparo a memoria.
Prima tentazione: siccome conosco già la pagina del Vangelo, già so cosa mi dice. Ma tra narrazione, la vita e il vivere il Vangelo c’è sempre qualcosa di nuovo e questo è dato dallo Spirito che vive in me, non dalla mia intelligenza o dal mio studio.
Il secondo appunto è che, in genere, risolto in maniera logica il quesito iniziale “E chi è il mio prossimo?”, rimanendo stupito della risposta di Gesù che ribalta la prospettiva di riflessione, mi ritengo contento e soddisfatto.
Sfugge, però, il punto nodale della questione.
Gesù non si intrattiene in una sterile disputa teologica, in una accademia destinata ad un’oscura pubblicazione per pochi eletti.
No.
Pone la discussione sul piano operativo: “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Lc 10, 32).
La sazietà della ragione rischia di trasformarsi in pigrizia dell’amore e questa è l’altra grande tentazione.
Gesù mi invita a fare esperienza del diventare prossimo, per capirne fino in fondo il vero significato: Lui è il vero prossimo, tanto che mi ha caricato sull’asino della sua Croce e mi ha guarito con il suo sangue.
L’amore passa attraverso il verbo fare.