Ludwig

Heart speaks to heart


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Obbedendo

«Pur essendo Figlio, imparò l’obbedienza dalle cose che patì».

(Eb 5,8)

 Nella cultura contemporanea accettare  la sofferenza è un qualche cosa di improponibile, ancor meno riuscire ad intuire che possa essere motivo di crescita.

Eppure la vita di Gesù ci indica una strada alternativa che non è il rinnegare o lo sfuggire al dolore, ma un fidarsi di Qualcuno che non si vede in una situazione in sé disumanizzante.

Perché la sofferenza, qualsiasi essa sia – fisica, psicologica, morale – ha la capacità di ridurre all’impotenza qualsiasi uomo: in questa situazione la fede non diventa una via d’uscita o una chiave ermeneutica della sofferenza, ma un incontrollabile spiraglio di una luce che è speranza. Non tanto una speranza di guarigione, quanto primariamente la certezza di una Presenza che a volte risulta essere scomoda o fuori posto.

 

Perché la sofferenza mi costringe ad ascoltare innanzitutto la mia vita nella sua crudezza e a volte crudeltà e poi…

… se c’è  un poi.

 Del resto la parola “obbedienza” è intimamente ed intrinsecamente legata con l’ascolto, quello di qualcosa o di Qualcuno che è più grande di me e che travalica i miei pensieri e che mi apre a nuovi significati esistenziali.


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“Io son di tutti voi signora e padrona”

«Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

(Mt 10,8)

Penso che la cosa più gratuita che in vita possiamo ricevere, dopo l’infinito amore di Dio, sia la morte, che spesso bussa quando meno la si aspetta.

In virtù di questa sua gratuità ed imprevedibilità, risulta un dono difficile da accogliere perché ancor più difficile da capire: se è vero che spesso ci rifiutiamo di essere amati dagli altri fino in fondo così come siamo, e non per quello che facciamo – e quindi a maggior ragione da Dio – perché non ci riteniamo degni d’amore, quanto più lontano può essere fare entrare la morte in casa propria in quanto dono.

Forse è difficile capire il perché certe persone ci lascino così, all’improvviso e senza alcun preavviso, ma alla fine questo è il dono e bisogna pur fare una scelta a riguardo. Non subito, non repentinamente, ma con il passare del tempo accompagnati non tanto dal voler capire quanto dal volersi fidare.

Non è una semplice scelta, ma una scelta coraggiosa.

Quello che ho vissuto più di sedici anni fa, il dono che ho ricevuto allora, è diventato pian piano un motivo di condivisione nel dolore, di “simpatia” nel senso etimologico del termine. Questo non mi risparmia dalla sofferenza altrui, ma, al contrario, la amplifica anche in virtù di un altro dono: il sacerdozio.

Alla fin fine si tratta di camminare uno accanto all’altro in quella valle oscura di cui parla il salmo 23, sapendo di non temere alcun male perché Tu, o Signore, sei con me.


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Una domanda di passaggio





«Ma voi chi dite che io sia?».

(Lc 9,20)

La risposta che viene data dai discepoli è paradigmatica e si comprende meglio alla luce di un’altra domanda che, generalmente, ci facciamo tra noi: «Come stai?». Basta fare un po’ di attenzione per capire come la risposta è quasi sempre su quello che si fa (“faccio o non faccio questo, mi è successo quest’altro, mi tocca fare quest’altra cosa…”) e quasi mai su quello che realmente si è in quel momento.

È in base al dire o fare di Gesù che la gente lo cataloga come Giovanni Battista, Elia o un altro profeta, ma non su quello che effettivamente è.

Solo Pietro centra la questione con la laconica risposta: «Il Cristo di Dio», ma senza capire cosa significhi e comporti realmente.

È difficile poter afferrare un Dio nudo…

Gli unici “appigli umani” che Gesù dà alla nostra fede riguardano la sua Passione e quindi la sua Risurrezione: qualcosa che da una parte è inaccettabile (tradimento, dolore, morte) e che dall’altra esula dalla nostra esperienza quotidiana (la risurrezione).

Passare da cosa fa Gesù per me a cosa realmente sia è il grande cammino personale della fede, che è innanzitutto dono di Dio: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli» (Mt 16,17).