Tra poco inizia l’Avvento e con esso anche il mio ministero diaconale. Ancora una volta il Signore si diverte a giocare con la mia vita facendomi dei doni che, se non sono abbastanza attento, rischio di non vedere, perché «l’essenziale è invisibile agli occhi».
Ripenso a quando, quasi un anno fa, mi sono ritrovato durante una celebrazione Eucaristica, a proclamare la Parola nella Santa Casa di Loreto: “Dio è folle!!!”, pensai. Affidare la sua Parola alle mie labbra, alla mia voce, perché risuonasse ancora una volta in quella casa dove «il Verbo si è fatto carne»…
Per me la proclamazione della Parola di Dio è sempre stato un grande dono, mai scontato. Un privilegio al quale tra poco si aggiungerà anche la proclamazione del Vangelo. E mi rendo sempre più conto di un’esigenza che “grida” in maniera forte nella mia vita: il diminuire lo spazio tra la proclamazione nell’assemblea e la proclamazione nel mio cuore. Cioè, se la prima non nasce dalla seconda, se la mia vita non è intessuta e imbevuta di Parola, non faccio altro che testimoniare una scollatura tra fede e vita.
C’è un livello oggettivo, ed è il fatto che il Signore opera sempre e comunque attraverso di me, che mi piaccia o meno, che ne sia degno oppure no.
E poi c’è un piano soggettivo, che è il mio rispondere alla sua Grazia: è il mio testimoniare nella vita la sua Vita. Un vivere la sua Vita.
Ripensando alla Santa Casa capisco un po’ di più quello che Gesù voleva dire con «chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?». C’è una fede che supera in dignità la maternità “fisica” di Maria: è la maternità della fede che genera il Verbo eterno nella mia vita e in quelle delle persone che mi stanno intorno.
Come Maria sono chiamato ad essere innanzitutto madre nella fede («si compia in me la tua volontà») e di conseguenza tutto il resto…
DIO È FOLLE!!!