Ludwig

Heart speaks to heart


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Gli altri siamo noi

«Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme».

(Lc 19,28)

 

La grandezza di Gesù, la sua profonda umanità, la sua vera ed autentica umanità, si dimostra e si rivela nelle sue parole (vedi la parabole che precede), ma anche nelle azioni che il Vangelo “nasconde” in dettagli a prima vista insignificanti.

 

Gesù sale verso Gerusalemme e quello che lo aspetta non è certo un festino, ma tutt’altro: se è vero che c’è una tavola imbandita per lui e per i suoi discepoli per una cena che cambierà per sempre il corso della storia, dall’altra c’è un’altra tavola vuota, ma che sarà riempita dallo stesso corpo e bagnata dallo stesso sangue.

 

Quando nella vita ci troviamo ad affrontare quelle salite che ci costano tanto in energie, impegno e dolore, pensiamo di essere i primi a percorrere quella strada e di essere stati lasciati da soli  lungo il percorso.

Il che può essere vero, da un punto di vista: quello di una vista che non riesce ad andare al di là della propria statura.

Ci dimentichiamo che qualcuno ci ha già sorpassati, percorrendo la stessa strada ed arrivando prima di noi al traguardo, un traguardo che è ben oltre quello che pensiamo.

 

Gesù «proseguì avanti agli altri»: lascia tutti dietro per dirci che, per quanto difficile possa essere la salita, per quanto grande ci possa sembrare la croce che segna il traguardo di questa strada, la vera meta si trova proprio al di là di quei due pezzi di legno.

È al di là della croce che c’è un pubblico immenso che fa il tifo per noi da quando siamo partiti: il fatto che non lo abbiamo visto o sentito prima non significa che non ci fosse.

 

Quindi?

Non ci rimane che continuare il nostro cammino, salite comprese, sapendo che quando giungeremo al vero traguardo ci sarà una splendida festa organizzata per noi che non avrà mai fine.


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Il Mondo E La Metafora (per Lalli e dintorni) [2]

Riprendo un intervento fatto qualche tempo fa.

 

Per Murakami la biblioteca diventa il centro attrattivo e propulsore di tutta la vicenda: è il luogo dove tutto quello che succede ai personaggi del racconto, specialmente al protagonista, trova le radici e diventa lo spazio in cui Tamura e i suoi amici ritornano per rifugiarsi. Le vite che si incrociano, a volte in maniera drammatica, trovano nella biblioteca il loro vero e profondo significato.

 

Quello che a volte viviamo esteriormente è solo la metafora di quello che viviamo interiormente: le grandi tempeste della nostra vita trovano origine nel nostro profondo che, inquieto, ci vuole gridare le sue motivazioni.

Le tempeste perdono vigore ed intensità quando ci sforziamo di porgere l’orecchio al nostro punto più profondo: sul momento saremo forse sommersi, ma, come un’onda che ci copre, presto passa via e noi torniamo a respirare.

A quel punto ci serve una “biblioteca”, quella personale, che ognuno di noi ha trovato a proprie spese e sforzi e a cui tornare: è quella realtà bella e profonda che sempre ci aspetta, in cui ritroviamo noi stessi e gli affetti più cari che riscaldano la nostra esistenza.

Certo, la nostra “biblioteca” è soggetta a miglioramenti a volte accessori e a volte strutturali in qualche parte, ma rimane sempre la “nostra biblioteca”.

 

E a volte è necessario fermarsi un po’,

chiudere gli occhi, 

fare silenzio

ed ascoltare la nostra “Kafka sulla spiaggia”.


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Buona vita! (Per Sofia e dintorni)

L’uomo moderno

sembra credere che 

mentre leggere e scrivere

sono arti da apprendere, 

mentre diventare architetto,

ingegnere,

o lavoratore capace

esige uno studio

considerevole,

VIVERE sia invece

qualcosa di tanto semplice,

che non occorra

alcuno sforzo particolare per

apprendere la tecnica.

Appunto perché

chiunque “vive”

in qualche modo,

la vita è considerata

qualcosa in cui tutti si

qualificano come esperti.

 

E. Fromm, Dalla parte dell’uomo.

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